La legislazione Legislazione: che tipo di legge occorre?
Negli anni, diversi legislatori nazionali hanno cercato di portare ordine e chiarezza nel dibattito sul suicidio assistito. Definendo le caratteristiche dei soggetti che possono essere aiutati a morire e stabilendo la forma che deve assumere questo aiuto, leggi come il Rights of the Terminally Ill Act (Northern Territory), la prima legge al mondo sul diritto di morire, hanno segnato un grande passo avanti verso l’uniformità e l’equità. Nulla è invece stato fatto dal legislatore italiano.
Per usufruire della legge australiana, la persona interessata doveva essere un «malato allo stadio terminale» e soddisfare una serie di altri requisiti stringenti. Solo allora aveva il diritto di richiedere l’assistenza di un dottore che l’aiutasse a morire.
Le leggi in vigore in Olanda, nell’Oregon e nel Washington definiscono anche in modo preciso il gruppo di persone che può ottenere un aiuto a morire. In tutti questi posti, l’idoneità è regolata da criteri molto rigidi.
Tuttavia, anche là dove le leggi sul fine vita funzionano bene, si riscontra un limite importante: il rigore dei requisiti significa che il processo atto ad appurare l’idoneità del soggetto è impegnativo e può risultare umiliante per le persone coinvolte.
Vi è inoltre un gruppo di persone (quelle che rientrano nella definizione degli «stanchi della vita») che non saranno mai giudicate idonee. La fragilità dovuta alla vecchiaia è molto diversa da quella dovuta a un cancro allo stadio terminale. Finché la legge non stabilirà i criteri utili a definire la sofferenza senza rimedio, l’individuo in questione rischia di rimanere impantanato.
In Australia, nel 1996, un malato terminale doveva ottenere due pareri medici e un consulto psichiatrico prima di potersi