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cronache TRE DOMANDE AL PATRON DI “NOVI”, FLAVIO REPETTO


L’Unione europea impone le sue regole, come si contrastano?


«Noi continueremo a fare prodotti di qualità e a scrivere, a caratteri cubitali, che il cioccolato Novi è prodotto solamente con burro di cacao».


Non vivete certe decisioni come una sorta di persecuzione?


«In parte sì. Se la prendono con chi fa prodotti di qualità, come noi e la Francia, per favorire le multinazionali».


Temete anche per i guadagni, o la qualità paga sempre?


«La gente riconosce i buoni marchi. Il burro di cacao però costa 5 euro, quelli vegetali uno. E la differenza si sente, anche per chi mangia».


IL CIBO NOSTRANO NEL MIRINO DI BRUXELLES


«Levostreetichettesonofuorilegge» ILCASO


UecontroItalia: l’infinitaguerra dellacioccolata


Unamodella slovena fa ilbagnoin una vascapienadi cioccolatodurante una kermessedigolosi aPerugia


ri, violazione delle norme comuni. Lastoriaerainiziatanel2000quandol’Ue


LORENZOROBUSTELLI


BRUXELLES.Chicomprailbasilicogenove- se sa cosa mangerà. Chi invece acquisterà della cioccolata non lo saprà più. Decisioni dell’Unioneeuropea.Perunabattagliavinta conladenominazioned’origineprotettaper lefogliolineverdinel2005, l’Italiahapagato conunapersa.La sconfitta era attesa epun- tualmente ieri laCorte diGiustizia europea ha condannatoilnostropaeseperché,unico inEuropa,permette aiproduttoridi ciocco- lataveradi scriveresull’etichetta“Cioccola- to puro”, anziché solo “Cioccolato”, come prevedono le regole comunitarie.Unaparo- lainpiùchediventa,perlaCorte,concorren- zasleale,erratainformazioneaiconsumato-


decise un riordino delle etichettature di al- cunicibi,per renderleuniformi. Ilproblema è che cedendoallepressionidella grande in- dustriadolciariasidecisecheil termineuni- codausareperdefinirequeldolceèappunto “cioccolata”, anche quando il prodotto è co- stituito fino al 5%di grassi vegetali che non sono burro di cacao.Un bel risparmio per le aziende,chesivedevanoanchecommercial- mente tutelate dalla regola che impone solo quelladefinizioneancheperqualcosachein realtà non è tutta cioccolata. «Una cosa as- surda - spiegaRolandoManfredini, respon- sabile qualità diColdiretti – perché si pena- lizzacosìunprodottocheperdefinizionedo- vrebbe essere fatto di cacao e non di altro». L’Italia pasticciò, disse sìma subito dopo


scrivere sull’etichetta in bella evidenza “Cioccolato puro”.Apriti cielo!LaCommis- sioneUelanciòunaproceduradi infrazione, chiese all’Italia di cancellare le sue norme, maRoma si è sempreopposta e laquestione finìallaCorte.SecondoimagistratideiVen- tisette le leggi italiane «non rispettano i re- quisitideldirittodell’Unionerelativiallane- cessitàcheilconsumatoredispongadiun’in- formazionecorretta, imparzialeedobiettiva che non lo induca in errore» (è scritto così,


STRANEZZECONTINENTALI


ciripensò,etrail2001eil2003,varòtreleggi che consentono a chi mette in commercio una tavoletta fatta di solo burro di cacao di


Le regole europee sono rigide inalcuni campi, poiuno può farsi il


Barolo incasa conil kit


perché per l’Ue è cioccolata anche quel che non lo è), e quindi la normativa italiana è in contrastoconildirittodell’Unioneche«non prevede né la denominazione di vendita ‘cioccolatopuro’nél’introduzionediunasif- fattadenominazionedapartediunlegislato- re nazionale». L’Italia potrebbe appellarsi, malepossibilitàdivittoria sonoquasinulle. D’ora in poi dunque bisognerà leggere bene lalistadegliingredienti,quellerighinesottili e nascoste, per sapere cosa si compra. «Il problema di fondo - dice ancoraMan-


vano in camion fino da noi, dove si trasfor- mano e ci simette sopra una bella bandiera italiana.«E’ laquestionedelladenominazio- ned’origine–spiegaManfredini–chenonsi riesceadimporrealivellocomunitario.Ipo- modori trasformati chemangiamo vengono dadovecostanomeno,spessodallaCina,ma il compratore non ha il diritto di saperlo. E’ unabattagliadiciviltàchel’Italiaconduceda tempo e che siamo convinti di vincere». Prodotticomelacarnebovinaodipollo, la


fredini–è loscontrotraNordeSuddell’Eu- ropa, tra omologazione e differenziazione. Che dire allora del “vino” autorizzato dal- l’Ue, fatto senza uva o di quello invecchiato col truciolato di legno?”.Già perchéBruxel- les, di solitomolto attenta ai diritti dei con- sumatori, alle volte prende sonore cantona- te, come sullamozzarella. Tre su quattro di quelle commercializzate in Italia non sono italiane,mafatteconcagliateesterechearri-


fruttafresca, leuovasisadadovevengono, la canedimaiale,iformaggi,illattealungacon- servazione invece no. Anche il nostro cibo “nazionale”, la pasta, non ha indicazione d’origine.Però, secondolenormeUe, spiega Coldiretti, è possibile levarsi delle soddisfa- zioni: una bella bottiglia di Chianti, di Baro- lo, normalmente a prezzi proibitivi, può es- sere facilmente e a poco prezzo prodotta in casa, inmeno di unmese, con fantastici kit dei quali è stata consentita la vendita.


ILSECOLOXIX VENERDÌ


26NOVEMBRE2010


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