realizzare s’impose nei termini di una diversa tempistica realizzativa nel senso che la possibilità di usufruire del risultato il prima possibile obbligava a una diversa organizzazione del lavoro. Se prima l’intervento di una specializzazione veniva condizionato da quello di altre specializzazioni da contrattualizzare nel corso dell’opera, nelle modalità che oggi sarebbero definite come lavoro in economia, oramai si chiede alla stessa impresa (corporazione pluridimensionata di mestieri) di assicurare nei tempi dovuti il risultato. Le nuove corporazioni di accorpati mestieri potevano assicurare le richieste dei committenti che operavano per i più disparati motivi alla realizzazione delle contingenze di un potere politico molto variabile nello spazio e anche nel tempo, un potere ansioso di tramandarsi prima di scomparire dalla faccia della politica e della storia.
Le normative interne medioevali di tipo esclusivistico con i ritualismi
religiosamente ostentati, la logica aristotelica della pervadente gerarchia onnisciente in ogni ambito dell’attività umana profana e spirituale si sfaldarono. Ora le professionalità individuali rivendicavano la propria specificità, apponendo anche il nome dell’autore e l’anno di realizzazione sulle opere, negando la logica appunto di gerarchia indiscutibile e si videro sorgere le prime forme di socialità professionale che prefigurano le future Trade Unions o sindacati, anche sotto la forma di istituzioni di “compagnaggio” (compagnonnage) alternative alle chiuse corporazioni e gilde. Le corporazioni non soddisfano più i bisogni di affermazione professionale dei molti che non volevano aspettare i lunghi tempi di passaggio da una categoria di professionalità a una superiore. Nel Seicento ormai le opere sono firmate dal progettista o architetto e non più anonimamente dalla corporazione. Pensare che l’anonimato della progettazione e realizzazione abbia un significato di sacralizzazione opposta alla secolarizzazione ovviamente non avrebbe senso, era solo il segno di tempi passati quando l’opera era frutto di un’intera collettività e nella quale il singolo, architetto o manovale, non aveva un suo personalistico significato socioculturale, tempo nel quale il singolo s’identificava in una compagine sociale. In questa nuova epoca l’unica rimanenza storica era il committente non in forma di personaggi storicamente definibili ma di gruppi sociali operanti pubblicamente, per cui alla fine chi datava e significava l’opera era il committente e non il realizzatore (corporazione). Dopo la fine del Medioevo le conoscenze tecnologiche si svilupparono
rapidamente con caratteri di “scientificità” che erano riservati a pochi geniali personaggi. Si fece avanti la figura del realizzatore dell’opera che imprimeva sull’opera stessa il marchio della sua individualità artistica e tecnica. Il Maestro come figura intellettuale s’impose non solo sul committente ma anche sull’intera collettività di operativi realizzatori dell’opera, collettività che non identifica se stessa ma si rappresenta in un magistrale individuo. A livello di attività costruttiva si
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