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negli aspetti strutturali e sovrastrutturali di tali associazioni non poteva rispondere con la necessaria flessibilità ai mutamenti delle società e istituzioni giuridiche e di governo, erano alla fine un fenomeno di rigidità dentro una realtà estremamente mutevole. Il fatto che le corporazioni fossero legate a stretto filo con le istituzioni politiche cittadine e nazionali non è semplicisticamente giustificabile su un carattere di flessibilità delle corporazioni stesse43, era piuttosto il necessario relazionarsi tra struttura economica e sovrastruttura politica, una relazione che vedeva i poteri politici È comunque da rilevare che dentro questa “rigidità” le corporazioni espressero dopo il X secolo molte innovazioni tecnologiche e di organizzazione produttiva44 rispetto al periodo dell’Alto Medioevo disastrato politicamente, economicamente e legislativamente dalle invasioni barbariche. Per comprendere questo fenomeno delle corporazioni di mestiere si deve andare


indietro nel tempo, alla fine dell’Impero Romano, quando crollò da una parte l’economia e l’industria e dall’altra quando il sistema di valori religiosi latini dovette cedere il passo a culture e religioni venute dall’area nordorientale europea, da quella ellenistica e mediorientale. L’economia tardo imperiale, con gli enormi territori conquistati, si fondava ancora sulla grande massa di schiavi che sostenevano l’agricoltura, la manifattura e l’industria; una quantità talmente elevata da aver reso il prezzo degli schiavi alla portata di quasi tutti gli uomini liberi, perfino i liberti, schiavi affrancati, potevano comprarne qualcuno45. Nella quasi totalità gli schiavi erano barbari di regioni della cintura dell’impero e neppure le teologie umanitarie del neocristianesimo greco-latino mettevano in dubbio la sua necessità. È noto che tra i Collegia (corporazioni) dell’impero romano e le prime forme di


associazionismo di mestiere medioevale c’è un vuoto di quasi cinque secoli. Il crollo dell’impero e del suo sistema economico lo si data dal V secolo46, ma le crisi erano


43 Questa è una tesi proposta da Maarten Roy Prak nel suo Craft Guilds in the Early Modern Low Countries: Work,


Power and Representation, Ashgate, 2006. 44 Si veda Sheilagh Ogilvie Rehabilitating the guilds: a reply, in Economic History Review, 61, 1, 2008, pp. 175– 182. Jay S. Epstein nel suo Craft Guilds, Apprenticeship, and Technological Change in Preindustrial Europe in The Journal of Economic History 1998, pp. 684-713, avanza una tesi, forse troppo entusiasta, dell’apprendistato corporativo come fattore trainante dello sviluppo delle corporazioni nei termini di stimolo alla distribuzione internazionale (tra regione e regione e tra paese e paese) delle conoscenze e invenzioni tecniche. Una distribuzione conseguente alla migrazione interregionale degli “esperti di mestiere”, che consentiva alle corporazioni di mettersi in vincente competizione con le realtà economico-produttive del momento. Più approfonditamente la tesi è sviluppata nel suo Guilds, Innovation and the European Economy, 1400–1800,


Cambridge University Press, 2008. 45 Sulla situazione della schiavitù e del servaggio nell’Alto Medioevo si veda Marc Bloch Lavoro e tecnica nel


Medioevo, Laterza, 20095, pp. 221-263 e per la denotazione di libero e di libertà pp. 29-71. 46 Dalla fine del V sec. papa Gelasio proibisce ai cristiani di frequentare luoghi pubblici, cerimonie e feste pagane. In quell’epoca, specialmente a Roma, i luoghi pubblici come terme, biblioteche, templi, accampamenti militari urbani ed edifici istituzionali perdono la loro importanza e non vengono più frequentati, addirittura vengono smantellati dai privati e Maiorano nel 458 emette un editto coercitivo. Nel V sec. e successivamente l’edilizia è confinata quasi solo nella costruzioni di chiese cristiane, nuove o come per il Pantheon di Roma tramutate al culto


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