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steso sulla scala del vescovado piuttosto che cercare un centesimo per sé. Ricordava spesso una frase di don Luigi Guanella: «se voi benedite il povero e se il povero lascia cadere sul dorso della vostra mano le lacrime della sua riconoscenza non asciugate quelle lacrime, lasciatele brillare come rugiada dal cielo: sono il segno della benedizione di Dio».


La carità prima di tutto deve essere un atto di giustizia


È importante precisare che Aurelio Bacciarini non con- cepiva la carità come beneficenza filantropica. Le sue opere, infatti, sono un vero e proprio atto di giustizia so- ciale perché egli ha protetto e attuato il diritto dei picco- li, dei poveri, degli sfrattati, degli affamati, delle vittime delle calamità, supplendo largamente a quello che la so- cietà civile o i famigliari lasciavano mancare ai poveri, agli ammalati e ai vecchi. Per tutelare gli interessi del popolo lavoratore fondò l’Or- ganizzazione Cristiano-Sociale, divenuta il più forte mo- vimento sindacale operaio della Svizzera italiana. Volle «Il Giornale del Popolo» per diffondere e difendere la fe- de. Appoggiò la Federazione cattolica dei docenti, inca- ricata di tutelare le esigenze religiose del programma scolastico. Promosse le associazioni della gioventù e quelle femminili e maschili - denominate poi da Pio XI Associazioni di Azione Cattolica - per sviluppare l’apo- stolato dei laici. Proponeva anche un programma di vita, esortava alla temperanza: non occorreva che il mondo diventasse una clausura o si caricasse di cilici e di digiuni, ma deside- rava che ritornasse alla moderazione, per esempio nel vit- to, accontentandosi ognuno del nutrimento necessario, lasciando da parte tutto quello che è lusso, sarà tanto di


guadagnato per la salute, per la famiglia e per la società. Se dovessimo impoverirci diminuendo la nostro opulen- za, per «far stare allegri i poveri», il problema della mi- seria potrebbe essere risolto. Voleva che si eliminassero le radici del flagello dell’alcolismo, nefasto per la gio- ventù e per la famiglia. Voleva che si arrestasse la mar- cia corruttrice delle produzioni immorali, capaci di scardinare i gangli della società più di una guerra. Ave- va a cuore la concordia e la democrazia. Era il figlio dei monti e dei campi, come amava definirsi, e voleva impe- dire a tutti i costi che si abbandonasse la terra che chia- mava teneramente madre.


Tutto cuore e nervi per aiutare i poveri


Fu un organizzatore nato, tutto cuore e tutto nervi, e sa- peva mobilitare e coordinare le varie forze con rara per- spicacia. Aveva il temperamento del costruttore ed era un sociologo sagacissimo. Quando concepiva un progetto ne vedeva delineati gli aspetti concreti. Aveva un senso pratico molto eclettico. Si sentiva a suo agio nelle di- scussioni con i tecnici e con gli artigiani. Fu un realizza- tore prodigiosamente efficiente. Dei trenta ricoveri, ospedali, sanatori e case di salute che il Ticino possede- va alla morte di Aurelio Bacciarini, più della meta sorse- ro durante il suo episcopato, senza contare le opere da lui attuate come Superiore dei Servi della carità di don Luigi Guanella. Il segreto del suo successo era l’immediato aggancio che aveva con le anime. Il dialogo gli permetteva di scavare nelle coscienze e di indovinare gli affanni. Aveva una grande capacità di introspezione come l’avevano il Cura- to D’Ars e don Luigi Guanella. Così Aurelio Bacciarini an- ticipò quella che viene chiamata la psicologia degli


Cripta della basilica del Sacro Cuore dove riposa il corpo del venerabile Aurelio Bacciarini


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