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feta Natan gli disse: «Tu sei quell’uomo», tu che hai “rubato” la moglie al tuo ser- vo fedele (cf. “Sam 12,1-7). Sì, forse siamo proprio noi quei servi che, graziati da Dio di un debito enorme, non sappiamo condonare ai fratelli delle ine- zie e ci leghiamo al dito offese da nulla, chiudendo loro il nostro cuore, esclu- dendoli. Purtroppo è istintivo nell’uomo pretendere tutto per sé e non saper donare. È la lot- ta perenne tra l’uomo vecchio, ferito dal peccato, e l’uomo nuovo rinnovato dalla grazia; è il combattimento spirituale sem- pre in atto tra l’«io» e il «tu». Il servo del- la parabola, pur liberato esteriormente dal suo debito, era ancora interiormente schiavo delle sue passioni: aveva accol- to il «con-dono» del debito materiale, ma non il vero dono, l’amore che, solo, libera il cuore dall’egoismo e lo apre agli altri. Un giovane monaco narra che un giorno, con altri confratelli, era andato a far visi- ta ad un anziano eremita del deserto per chiedergli consigli spirituali: «Mi sede- vo in rispettosa ammirazione, mentre egli rispondeva alle nostre domande. Ma quella volta mi sentivo così a mio agio che mi ritrovai ad alzare la mano: “Padre, par- laci di te stesso”. “Di me stesso?”, fu la


risposta. E dopo una lunga pausa: “Il mio nome era io, ma ora è tu”» (Teofane il mo- naco, Fiabe del deserto magico, Gribau- di, p. 18). Ecco bisognerebbe tutti giungere a que- sto punto, cioè non vivere più per se stes- si, ma farsi dono per gli altri. È il cammino della conversione. Il re della parabola, venuto a sapere quanto era accaduto, ne fu molto rattristato; chiamato il servo gli disse: «Non dove- vi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (v. 33). E così dicendo lo consegnò agli aguzzi- ni, finché non avesse restituito tutto il do- vuto. Se la parabola terminasse qui, sarebbe il racconto dell’amore sconfitto. Ma non ter- mina qui. Il Re – che è Dio stesso – non si arrende e trova sempre nuove vie per ferire il cuore indurito dell’uomo, fino a giungere all’inverosimile. Dopo avere in molti modi nei tempi antichi manifesta- to il suo amore, con il dono della Legge, con i suoi profeti, con i suoi interventi sal- vifici, ecco che, giunta la pienezza dei tem- pi, nella sua immensa, esagerata carità (cf. Ef ), mandò sulla terra il suo stesso Figlio «per salvare ciò che era perduto». «Dio Padre – scrive san Bernardo – ha invia- to sulla terra un sacco, per così dire, pie- no della sua misericordia; un sacco cer- to piccolo, ma pieno, se ci è stato dato un Bambino in cui però “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2, 9)». Lo ha mandato Bambino, perché il cuo- re dell’uomo si commuovesse. Venne nel- la debolezza della carne per rivelarsi a noi che siamo deboli e fragili. «Nulla mostra maggiormente la sua misericordia che l’aver egli assunto la nostra stessa mise- ria». Ma questo «sacco fu strappato a pez- zi durante la Passione, perché ne uscis- se il prezzo che chiudeva in sé il nostro riscatto». Noi adesso abbiamo questa preziosa eredità: la misericordia che scaturisce dal cuore di Cristo, da scambiarci vicende- volmente. Rigenerati in Cristo nel Batte- simo, siamo diventati di natura divina, per- ciò siamo in grado di usare misericordia, siamo in grado di perdonare con tutto il


cuore. Il perdono, infatti, deve esprime- re un amore in grado superlativo, un amo- re gratuito, senza condizioni e senza re- strizioni. Gesù Crocifisso è il prezzo della nostra sal- vezza. Guardando a Lui, come possiamo tenere aperto un conto dei debiti altrui ver- so di noi? Il perdono ricevuto è un seme che, gettato nel nostro cuore, può e deve dare molto frutto, una messe abbondan- te. Chi perdona non va in fallimento a cau- sa del fatto che non riceve quello che gli spetta. No! È un vittorioso perché supe- ra l’egoismo e così guadagna il fratello. Solo la misericordia è in grado di scio- gliere le catene del male. Un detto rabbi- nico dice: «I peccati dell’uomo contro Dio saranno perdonati nel giorno dell’espia- zione, ma i peccati dell’uomo contro il suo prossimo non saranno perdonati, fino a quando un uomo chieda e ottenga il per- dono». È quello che ha fatto Gesù in Cro- ce per tutti noi: «Padre, perdona loro, per- ché non sanno quello che fanno». Egli ci ha dato l’esempio. E molto di più: ci ha dato il suo Spirito d’amore, perché «come ha fatto lui facciamo anche noi», perdo- nando di tutto cuore, sempre.


O Dio, Padre buono, noi non sappiamo valutare il debito di gratitudine che abbiamo verso di Te: debito di gratitudine per la vita e per il dono del tuo amore infinito. Preserva i nostri cuori da ogni forma di egoismo e di intransigenza verso gli altri. Donaci uno spirito umile e mite che sappia perdonare ogni offesa con magnanimità e pazienza e che sempre sappia rendere grazie a Te che hai cancellato con il sangue del tuo Figlio il debito incalcolabile del nostro peccato e della nostra indifferenza. Padre buono, fa’ di noi, nel Figlio che ci doni, tuoi figli di cui tu possa compiacerti, vedendoci vivere insieme da fratelli. Amen.


2/2017


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La Santa Crociata in onore di San Giuseppe


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