PARABOLA DELLA- MISERICORDIA
di Madre
Anna Maria Cánopi osb
2/2017
Il servo spietato: un esempio da non imitare
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sù dai discepoli, si apre il capitolo 18 del Vangelo secondo Matteo. Dolce- mente Gesù chiama a sé un bambino e lo addita come esempio: «Se non vi convertirete e non diventerete come questo bambino, non entrerete nel re- gno dei cieli». Nel Regno dei cieli ciò che a noi sembra importante è privo di valore, anzi, non ha neppure diritto di cittadinanza, mentre ciò che a noi sem- bra piccolo e spregevole è veramente grande. Proseguendo nel suo insegnamento, Gesù rivela che una sola cosa è impor- tante per il Signore: che nessuno si per- da, nessuno smarrisca la via, nessuno sia escluso. E così deve essere anche nella comunità cristiana. Per questo occorre evi- tare gli scandali, vincere il male con il bene, alla vendetta sostituire il perdono, usare con tutti e sempre quella benevolenza che allontana i contrasti e genera una vera con- cordia. La via che rende possibile e sta- bile la comunione fraterna è la preghie- ra fatta insieme, concorde, perché, dice Gesù, «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (v. 20).
«C
hi è il più grande nel re- gno dei cieli?». Con que- sta domanda, rivolta a Ge-
Sentendo tale esigente discorso, Pietro non può trattenere una domanda: «Si- gnore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdo- nargli? Fino a sette volte?» (v. 21). E pen- sa di aver già detto un’enormità, di aver superato ogni ragionevole tolleranza. Gesù, però, gli risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte set- te» (v. 22), ossia sempre, senza stancar- si mai, con una pazienza che non cono- sce limiti. E subito Gesù narra la parabola del «servo spietato», paradossale come quasi tutte le parabole, ma anche molto concreta, con facili riscontri nelle vicen- de della vita quotidiana segnata da tanti imprevisti, con i debiti da saldare, con i conti da far tornare, ma soprattutto con i suoi radicati egoismi, le sue pretese, le sue incongruenze, le sue ostinate chiusure. Un re – così comincia la parabola – vol- le regolare i conti con i suoi servi… Do- vevano essere certo molti, ma la parabola si ferma su uno solo. Tutti sono rappre- sentati in quell’unico, nel quale noi pure dobbiamo riconoscerci. Egli – noi stes- si – ha contratto con il suo padrone un debito enorme, assolutamente insolvibi- le. Non avendo di che pagare, non cer-
cò scuse, ma, pieno di paura, si gettò ai piedi del re e lo supplica chiedendo una proroga. Volgendo lo sguardo su di lui, ascoltando la sua supplica, il re ne ebbe compassione, si lasciò toccare il cuore e condonò il debito. Libero dal peso che lo schiacciava, il ser- vo si rimise in cammino. Ed ecco, la svol- ta inconcepibile della parabola. Lungo la strada incontrò un compagno di servitù, uno come lui, più misero di lui, al pun- to che gli aveva dovuto chiedere un pic- colo prestito, forse il denaro necessario per comprare il pane quotidiano. Veden- dolo, il servo graziato pretese l’immediata restituzione della piccola somma. Il ser- vo debitore si inginocchiò e supplicò di aver pazienza con lui, ma invano. Non in- contrò compassione, ma durezza. Con- segnato alla giustizia, venne gettato in pri- gione. I compagni di servitù, che avevano assi- stito allibiti alla scena, si sdegnarono. Come è possibile una tale durezza, quan- do si è appena ricevuto un condono im- menso? Anche il re Davide si era sdegnato e adi- rato ascoltando il racconto dell’unica «pecorella piccina» sottratta da un uomo potente ad un uomo povero, finché il pro-
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