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Palestinesi hanno sempre comunque rifiutato ogni proposta di pace.


Ma che Israele diventi ancora più piccolo non servirà a niente finché Abu Mazen non rinuncerà a intitolare le piazze al nome dell’arciterrorista Yehiya Ayash, finché il mondo palestinese non smetterà di distribuire caramelle quando viene ucciso un ragazzo ebreo in qualche ristorante, finché non accetterà la richiesta davvero minimalista di Netanyahu di riconoscere che lo Stato di Israele è lo Stato del popolo ebraico.


Sembrano ignorare questo dato evidente anche gli intellettuali israeliani che hanno firmato un documento addirittura contro il premio Nobel Elie Wiesel che ha scritto una nobilissima lettera in sostegno di Gerusalemme come patria morale e storica del popolo ebraico.


E’ una triste epidemia perbenista, con la quale probabilmente si pensa di fornire un po’ d’ossigeno ai movimenti pacifisti che in questi anni non ha saputo altro che fallire ripetutamente sullo scoglio della cultura dell’odio islamista e contribuire alla diffamazione di Israele. Ma non si arriverà a nessun processo di pace (e le generose offerte di Olmert rifiutate da Abu Mazen ne fanno fede) finché una larga parte del mondo non smetterà di sperare che la distruzione di Israele sia dietro l’angolo, sulla scia della nuova eccitazione islamista dell’Iran e dei suoi amici Siria, Hezbollah, Hamas tutti sempre più armati di armi letali, e non solamente di vane parole, come i firmatari dell’”appello alla ragione”. Ma anche le parole possono uccidere e distruggere.


Non ci sfugge, di fronte a una così evidente ignoranza della politica della mano tesa di Netanyahu con il discorso di Bar Ilan e il congelamento di dieci mesi degli insediamenti, lo sblocco di molti check point e la promozione di importanti misure per agevolare l’economia palestinese, che sia presente nel “documento Finkelkraut” un traino obamista, un perbenismo da salotto buono cui spesso gli intellettuali non sanno dire no. Esso mette i nemici di Israele, e sono più di sempre e più agguerriti, nella condizione di delegittimare e attaccare lo Stato ebraico, dicendo: “Anche molti ebrei sono dalla nostra parte”. Se questo era lo scopo dei firmatari, lo hanno raggiunto.


Primi firmatari/first signatures: Fiamma Nirenstein (giornalista e deputato), Giuliano Ferrara (direttore de Il Foglio), Paolo Mieli (presidente Rcs Libri, ex direttore del Corriere della Sera), Angelo Pezzana (giornalista, informazionecorretta.com e Libero), Ugo Volli (semiologo, Università di Torino), Shmuel Trigano (professore, Universités à Paris X-Nanterre), Giorgio Israel (Università La Sapienza), Giulio Meotti (giornalista, Il Foglio), Gianni Vernetti (deputato, ex Sottosegretario agli Esteri), Peppino Caldarola (giornalista), Alain Elkann (scrittore, consigliere Ministero Beni Culturali), Carlo Panella (giornalista, Il Foglio), Emanuele Ottolenghi (Senior Fellow, Foundation for the Defense of Democracies), Daniele Scalise (giornalista), Giancarlo Loquenzi (Direttore, l’Occidentale), Edoardo Tabasso (professore, Università di Firenze), Leonardo Tirabassi (presidente Circolo dei Liberi Firenze, Fondazione Magna Carta), Giacomo Kahn (Direttore mensile Shalom), Magdi Allam (parlamentare europeo), Luigi Compagna (senatore), David Cassuto (ex vicesindaco di Gerusalemme), Riccardo Pacifici (presidente Comunità Ebraica di Roma), Anita Friedman (Associazione Appuntamento a Gerusalemme), Leone Paserman (presidente della fondazione Museo della Shoah di Roma), Massimo Polledri (deputato), Enrico Pianetta (deputato, Presidente Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele), Alessandro Pagano (deputato), Dore Gold (President, Jerusalem Center for Public Affairs, former Ambassador of Israel to the UN), Norman Podhoretz (Writer, Editor-at-Large, Commentary Magazine), Michael Ledeen (Freedom Scholar, Foundation for Defense of Democracies), Barbara Ledeen (senior advisor, The Israel Project), Phyllis Chesler (Emerita Professor of Psychology and Women's Studies, City University of New York), Nina Rosenwald (Editor-in-Chief, www.hudson-ny.org), Harold Rhode (esperto di Medioriente, ex Pentagono) Caroline Glick (editorialista, Jerusalem Post), Rafael Bardaji (Foreign Policy director, FAES Foundation), Raffaele Sassun (Presidente Keren Kayemeth LeIsrael Italia), Max Singer (a founder and Senior Fellow, Hudson Institute), George and Annabelle Weidenfeld (President, Institute for Strategic Dialogue), Anna Borioni, (associazione Appuntamento a Gerusalemme), Efraim Inbar (Director, Begin-Sadat Center for


Strategic Studies), George Jochnowitz (Professor emeritus of Linguistics, College of Staten Island) Page 29 of 155


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